Anche il futuro non è più quello di una volta
Se uniamo i punti del passato, come suggerito da Steve Jobs nel suo celebre discorso nel 2005 all’Università di Standford, ci rendiamo conto che l’elemento di discontinuità e l’accelerazione esponenziale degli ultimi due anni hanno fatto in modo che, come Mark Strand ha fatto notare, “il futuro non è più quello di una volta”.
Si è verificato, infatti, un doppio salto. È andata a regime l’evoluzione da un marketing orientato alla vendita a un marketing con al centro il cliente. L’ondata di nerd e dei tecnologici che avevano lavorato in aziende martech ante litteram già legate ai database, alle interazioni con i clienti o ai CRM hanno trovato finalmente un’applicazione concreta nel mettere il cliente al centro.
La digitalizzazione, iniziata nei primi anni Novanta, non serve solo a rendere più efficienti i processi interni spostando sul cliente l’onere di mappare e ottimizzare i processi. La centralità del cliente ha messo a regime le due ondate accennate e sta per iniziare la nuova sfida del marketing del futuro basato su due dimensioni fondamentali. La prima dimensione riguarda il cliente che ha iniziato ad assumere la caratteristica di cliente globale. L’Europa è diventata quello che erano gli Stati Uniti trent’anni fa in termini di globalizzazione. Il continente europeo, infatti, ormai è multiculturale e multietnico.
Saper lavorare su clienti che hanno un’eterogeneità crescente e coniugare tale capacità in modo efficace all’interno dei processi di marketing management delle organizzazioni è una prima grande sfida. La seconda grande sfida è abituarsi che il marketing sarà sempre più basato sui numeri generati da dati, da evidenze e da tecnologie.
Il futuro che ci aspetta è la capacità di combinare un’eterogeneità inarrestabile della domanda, un fabbisogno di affrontare i processi decisionali data-driven e un fabbisogno di competenze nell’utilizzo di tecnologie non commettendo però gli errori del “nerdismo” della prima era internet della tecnologia non guidata dai dati e spesso fine a sé stesso.
Nel futuro dobbiamo avere la capacità di non vedere il marketing distaccato dalla tecnologia ma ricco di dati in grado di rendere metodi quantitativi e analisi dei dati, riconducibili ai Big Data e no, collegati a piattaforme orientate alla centralità del cliente che la concorrenza impone alle aziende come priorità assoluta.
Circa centocinquanta anni fa John Wanamaker disse la famosa frase: “metà del mio budget pubblicitario è sprecato, ma non so quale metà”. Evidenziò l’incapacità a determinare il giusto investimento per la promozione aziendale. Siamo passati da un marketing che, fino a poco tempo fa, aveva ancora difficoltà a risolvere il problema evidenziato da Wanamaker a un marketing che possiamo definire quasi cibernetico caratterizzato da automazioni in cui viene definito il budget sulla base di un modello probabilistico. Tale modello è in grado di dire che, fino a quando l’investimento in marketing è presumibile che porti a un valore maggiore del costo, sostanzialmente non ho un budget di marketing perché non ho un costo ma una leva di revenue.
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Reinventare il marketing di Giuseppe Riva, Federica Facchini e Paolo Mardegan